Sesso e Amore: anatomia della prima volta
- dott_antonio_piccinni
- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min

Molte strade, diverse scelte e tante prime volte costellano la nostra esistenza. Tra le tante “prima volta” quella del sesso con un’altra persona, maschio, femmina o non binario, rimane tra le più impresse nella nostra memoria. A volte è più forte il suo ricordo di quello legato al primo amore. Il sesso, se sviluppato in modo sano e senza tabù, parte da noi stessi. I primi con cui dovremmo imparare a sperimentare il corpo siamo noi. Fin da piccoli cerchiamo un senso del piacere fisico, i bambini si toccano il piccolo pene. Le bambine cercano un senso di soddisfazione sfregandosi contro mobili o poltrone per sentire piacere nelle zone genitali. Intorno alla fase prepuberale cominciano le prime sperimentazioni di masturbazione e si va alla ricerca del significato di orgasmo. Tutti i ragazzi e le ragazze lo sanno che esiste un’esperienza fisica fortissima chiamata orgasmo. Qualcuno sperimenta questa esperienza anche involontariamente, arriva e basta. Può essere durante un gioco, mentre si dorme oppure ci si struscia da qualche parte per il puro desiderio di ascoltare gli effetti che si vivono nel proprio corpo. Senza scomodare Freud e la psicanalisi, tutti oramai hanno la consapevolezza che un sano sviluppo mentale corrisponde anche alla capacità di poter conoscere il proprio corpo, sia nei dolori che nei piaceri. Cercare piacere e dare piacere è una delle arti comunicative più efficaci per aiutare le persone ad amarsi o semplicemente volersi bene. Si parla molto di educazione sessuale nelle scuole. Nonostante migliaia di professionisti (compreso il sottoscritto) firmi con il sangue l’importanza dell’educazione sessuale come educazione affettiva e di genere, si continua a demonizzare il sesso come qualcosa che non tocca (anzi non può toccare) gli angeli-bambini. Oppure sostenere, come fa Massimo Recalcati, che l’educazione sessuale non può essere una materia scolastica ma un’esperienza educativa trasversale che si nutre di discipline come la letteratura e la filosofia. In entrambe le posizioni temo possa perdersi lo spazio giusto per sostenere ragazzi e ragazze nel parlare liberamente del sesso, rendendolo qualcosa da tenere nascosto o da portare a livelli sempre più mentalizzati, poetici e sconnessi dalla carnalità del corpo e complessità dei vissuti. In questo scenario immaginate cosa può accadere quando si parla della prima volta. La famosa perdita della Verginità, acclamata negli uomini e tendenzialmente colpevolizzata nelle donne. In Italia l’età media del primo rapporto sessuale si aggira intorno ai 16/17 anni ma c’è una quota crescente di giovanissimi che inizia prima dei 13/14 anni. Cosa raccontiamo alle giovani generazioni quando ci chiedono consigli sulla prima volta? Quale valore vogliamo trasmettere ai nostri figli, ragazzi o giovani quando scelgono consapevolmente di fare sesso con un’altra persona? E quando accade per caso e senza averlo deciso, come si può affrontare? Non possiamo sperare di conoscere noi stessi e i ragazzi senza esplorare i significati del sesso o approfondire la nostra vulnerabilità a riguardo.
Mettersi a nudo davanti ad un’altra persona significa guardarsi in un nuovo specchio che può migliorare o deformare la nostra immagine. Per questo motivo diventa importante rispettare il corpo. Il proprio corpo e quello dell’altro.
Farlo quando si è innamorati diventa un’esperienza che racchiude anche messaggi di fusionalità e appartenenza affettiva. Amarsi durante la prima volta aiuta ad essere più confidenti e pronti ad aprirsi alla vulnerabilità. Questo non sempre accade e non dobbiamo necessariamente pensare di doverlo fare con la persona amata. Nella nostra cultura spesso viene trasmesso il messaggio che un ragazzo deve fare sesso quando e come gli capita, senza dover necessariamente avere dei sentimenti, mentre una ragazza deve farlo la prima volta con la persona di cui si innamora. Quella giusta. Nel primo caso il sesso è prestazione nel secondo è dono d’amore. In entrambi i casi le conseguenze sono tangibili. Gli uomini pensano di dover fare sesso sempre e comunque. Se non lo fanno non sono abbastanza maschi e virili. Le donne rimarranno sempre nella posizione delle deluse/sfruttate a vita, alimentando un ruolo di vittima/sottomessa, condizionata dal suo ruolo, dalla vita e dall’amore. Sembra davvero complicato pensare alla prima volta come un bisogno personale. Come l’esigenza di capire chi si è e cosa ci piace. Poter sperimentare il corpo per ascoltare risorse e limiti che abbiamo nei confronti di noi stessi e degli altri. Il corpo è un canale di comunicazione con il mondo e sempre meno lo conosciamo. Un tempo veniva coperto, sacrificato, mortificato nelle sue esigenze e oggi, nonostante sia sempre più nudo e accessibile, rimane il pudore del non saper quale significato dargli. Mi ritrovo in questo ruolo? Mi piace quello che sento? Riesco ad ascoltare i desideri dell’altro? Posso esprimere di cosa ho bisogno? Sono disponibile a sperimentare? Posso tutelarmi e salvaguardarmi dalle minacce di chi tenta di invadere o abusare del mio corpo? Posso sopportare se l’altro mi dice che non gli piaccio o le piaccio? Queste e altre domande i ragazzi e le ragazze potrebbero porsi durante il sesso, che sia la prima o l’ennesima esperienza. Sono le stesse che dovranno porsi nella vita affettiva e di coppia. Ascoltarsi e ascoltare il proprio corpo nelle sue pulsioni, significa poter dare spazio anche alle emozioni ad esse collegate. Per questo è importante riuscire a comprendere quando si è pronti a donare il proprio corpo a sé stessi. A permettere di sentirlo e connetterlo a tutte le istanze psichiche che ci definiscono e costruiscono la nostra identità. Noi non siamo venuti al mondo per trovare la persona giusta con cui scoprire il sesso e il nostro corpo. Se capita (a volte capita) sarà un’esperienza bellissima e travolgente, ma se non capita andrà bene lo stesso. Aspettare di essere pronti e pronte significa decidere di rispondere alle domande precedenti, tanto semplici quanto scomode. Significa incontrare la propria volontà di conoscersi in modo più profondo a prescindere dall’altro. Decidere che questa curiosità corrisponda ad un desiderio di contattare la propria forza esistenziale e non la fuga da eventi (o genitori) tristi o traumatizzanti. A volte si è pronti a 16 anni altre volte a 20. Non esiste l’età giusta o la persona giusta con cui farlo. Esiste il momento più giusto per ognuno di noi di buttarsi in questa nuova complessità. Certamente poterlo fare a 16 anni sarà sempre diverso da farlo a 13. Per un semplice motivo. Il nostro cervello a 13 anni non è ancora sufficientemente sviluppato per potersi porre tali domande e trovare delle risposte.

