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Attenti al lupo

  • Immagine del redattore: dott_antonio_piccinni
    dott_antonio_piccinni
  • 6 mar
  • Tempo di lettura: 6 min


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Spero Lucio Dalla non me ne voglia se utilizzo il titolo di una sua canzone. A volte mi piace utilizzare titoli di film o canzoni per cominciare una riflessione su alcuni contenuti che mi interessa condividere. Il comportamento dei lupi è affascinante e complesso. Come affascinante e complesso è il mondo delle relazioni di coppia. Molto spesso i pazienti mi raccontano le loro storie relazionali con uomini o donne con cui condividono un sentimento di amore forte. Hanno costruito un progetto di famiglia con figli o un cammino che li vede fianco a fianco ad affrontare le complessità della vita. Non sempre, però, le persone che incontriamo sono capaci di essere compagni con cui poter costruire un rapporto di autentico scambio. Dove lasciarsi andare alle confidenze più intime o dove poter tracciare delle strade di rispetto e condivisione delle fragilità più profonde. Mi capita (non poche volte) che arrivino in seduta persone che non dicono ai propri partner di aver intrapreso una psicoterapia. Questo mi fa pensare a come questo percorso possa essere vissuto da alcuni pazienti. Uno spazio di trasgressione o di ribellione ad una condizione di profonda solitudine nella coppia. Ovviamente andare da uno psicologo non è esattamente come andare dall’ortopedico. La vergogna che fa scattare è quasi più forte di quella provata nel dover camminare con una stampella lungo i corridoi di una discoteca. Alla domanda “suo marito o sua moglie è a conoscenza del fatto che lei è qui?” alcuni pazienti rispondono di no. A questo punto comprendo immediatamente il tipo di relazione che unisce i due e cerco di esplorare cosa spinge il paziente ad omettere una cosa così importante. Si aprono scenari svariati. Quello più difficile da affrontare è la paura del giudizio dell’altro. Spesso siamo abituati a pensare alle relazioni disfunzionali come tossiche e violente. Quelle che si ascoltano sui telegiornali e che finiscono nelle cronache locali e nazionali. Solitamente mostrano un uomo violento e una donna sottomessa e, nei casi più estremi, uccisa per mano del compagno. Per fortuna queste relazioni sono meno frequenti e hanno più visibilità rispetto al passato. Difficilmente viene dato spazio all’importanza della comunicazione affettiva e di genere. Tutto si risolve nel reprimere e nel far passare dei messaggi alle donne che la violenza è dietro l’angolo e che bisogna diffidare degli uomini (e non solo) creando mostri anche lì dove non esistono. Non vorrei dilungarmi su un tema tanto delicato come questo che avrebbe bisogno di tempo e molte parole. E lungi da me sottolineare come sia più banale e facile infondere terrore e allontanarci da una vita piena e soddisfacente piuttosto che spiegare la complessità.

Invece vorrei soffermarmi sulla fragilità insita in ognuno di noi. Cosa accade quando non la conosciamo? Perché ce ne vergogniamo ogni qual volta ne avvertiamo la presenza? In che modo agli uomini è stata negata la sua esistenza? Quando ci sentiamo psicologicamente fragili, ci circondiamo di persone che possono avere un grande potere su di noi. Il potere di non farci sentire fragili.

Questo può portare cose belle e brutte e purtroppo in alcune fasi della vita non sappiamo distinguerle. Cominciamo a confonderle e ci nascondiamo dietro il mantello dell’amore. Possiamo scoprire quanto si può essere indifferenti al dolore dell’altro ed egoisti nel prendere tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Un processo che avviene indiscriminatamente e a prescindere dal fatto che possiamo colpire (e affondare) i sentimenti di chi abbiamo deciso di amare. Molto attuale il tema del Narcisismo Tossico. Sento parlare molti colleghi che danno consigli su come riconoscere ed evitare il narcisista patologico che rende vulnerabili i propri partner per poi infilargli un coltello di insicurezze nel cuore. Il narcisismo è un tratto della personalità caratterizzato da un senso esagerato della propria importanza, un bisogno profondo di ammirazione e una mancanza di empatia per gli altri. Vi spieghiamo nei vari tutorial, sui social e nei corsi, come possiamo essere manipolati e indotti a pensare di essere amati e speciali a scapito del proprio senso di autonomia e autostima. Uomini e donne possono avere queste caratteristiche e possiamo ritrovarle in vari tipi di relazione. Non sempre però è chiaro dove finisce il narcisismo dell’altro e inizia il nostro. Nella pratica psicoterapeutica ho incontrato diverse persone “vittime” dei narcisisti.  Pazienti che raccontano della assoluta mancanza di empatia dei loro compagni (o compagne) e che lamentano come queste relazioni siano prive di una profonda intimità e condivisione. Incastrate in eterni conflitti dove il “vincitore” prova piacere nella sottomissione della persona vinta. Ho incontrato anche pazienti narcisisti che diventavano “carnefici” dei loro partner e che pensano di non avere nessuna responsabilità nel disagio della coppia. In entrambi i casi ho riscontrato una profonda solitudine che porta queste persone ad accoppiarsi come nei branchi di lupi. I lupi sono animali sociali che vivono contesti strutturati con una gerarchia ben definita.  La caccia cooperativa è uno dei principali vantaggi della vita in branco per i lupi. Cacciando insieme, i lupi sono in grado di sentirsi più forti. La cooperazione tra i membri del branco è essenziale per il successo della caccia. Una strategia che richiede una comunicazione efficace tra i membri del branco, che utilizzano ululati e altri suoni per coordinare i loro movimenti. Questo li rende feroci e pericolosi. Dopo aver catturato la preda, il branco si riunisce per condividere il pasto, assicurandosi che tutti i membri abbiano accesso al cibo. Quale è la preda per una coppia che usa questa alleanza disfunzionale ma fluida, tra vittima e carnefice, in uno scambio continuo di ruoli? Quando si vede il mondo in termini di vittima e colpevole, non si può comprendere veramente una coppia o un conflitto. Quando sei costretto o costretta con la violenza a subire un abuso la situazione è chiara ed è differente.

Ma di fronte a relazioni che si complicano e si sfiniscono nella quotidiana convivenza qualcosa accade che rende quella coppia un piccolo branco in cerca di una preda. Forse la profonda solitudine ci unisce nella disperazione di giocare un gioco pericoloso, che porta la coppia a desiderare di spostarsi per un po' dalla propria fragilità e dal sentirsi preda. Si esce dalla coppia/branco per cercare nuove prede. Ma chi sono?  La preda è la parte più difficile da vedere in questo tipo di relazioni. La preda che nutre queste coppie disfunzionali molte volte sono i figli. In questo gioco narcisistico diventano facili prede di cui nutrirsi nella solitudine che la coppia stessa condivide. I figli e le figlie diventano spettatori inermi di genitori che smettono di amarsi e che stanno insieme solo per evitare di affrontare il mondo fuori. Di adulti impauriti che si fanno del male a vicenda, che stanno insieme non avendo nessun rispetto dell’altro. Dopo anni di relazione disfunzionale ci si abitua ad un dolore certo piuttosto che affrontare l’incertezza del futuro e la paura di restare soli. A volte mi chiedo come si possa pensare che un figlio preferisca avere accanto a sé dei genitori che non si amano più e si fanno del male piuttosto che avere due genitori separati ma felici. Forse le coppie narcisiste pensano che i propri figli possano essere come loro, egocentrici e privi di empatia, tanto da preferire una madre depressa e sottomessa al padre, che decide di restargli accanto e non separarsi piuttosto che una madre che chiede il divorzio (o viceversa). Riconoscere la solitudine, la paura, le fragilità e poterle condividere con gli altri potrebbe essere un antidoto nel riuscire ad evitare persone che immaginiamo ci risolvano l’esistenza con il loro amore? Come terapeuta non posso fare altro che crederci e sperare che possa essere così. Però di una cosa sono certo.  Nessun amore può essere responsabile della felicità propria e dell’altro. Nessun amore può proteggere dalla solitudine. Nessun amore può dirci come dobbiamo essere. L’amore può renderci fortunati nel riuscire a incontrare un compagno o una compagna con cui trasformare un branco di lupi in una coppia di delfini che nuotano liberi e che possono comunicare usando il loro linguaggio, con chiarezza e fluidità. Formano legami forti con altri delfini e mostrano comportamenti di aiuto reciproco, come assistere un delfino ferito a raggiungere la superficie. Decidono di viaggiare insieme dandosi sostegno. Giocano e bisticciano nello stesso tempo e non hanno bisogno di ammazzare ma solo di nutrirsi e nutrire. Mi piace pensare alla possibilità di poter essere soli e in compagnia, amare ed essere amati, fragili e forti, con qualcuno che ci sostiene e accompagna da vicino nella crescita o con qualcuno che lo fa da lontano. Tutto nella libertà di non doversi sentire prigionieri nella gabbia in cui si può trasformare una coppia o una famiglia.

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