Sensipatia
- dott_antonio_piccinni
- 9 feb
- Tempo di lettura: 5 min

Fin da piccolo mi dicevano che ero un bambino sensibile e tutte le volte sentivo dietro a questa descrizione qualcosa che non mi corrispondeva e che molto spesso mi irritava. Sicuramente mi comportavo diversamente dai miei amichetti, ma questo mi rendeva diverso e decisamente più in difficoltà nelle relazioni con gli altri. Mi sono sempre chiesto perché mi davano questo attributo e credo potesse essere un modo per identificare il fatto che non mi piacevano le stesse cose che piacevano agli altri. Non amavo il calcio, giocavo sempre con una bambina, mi piaceva ascoltare le parole del maestro e spesso desideravo assomigliare a un personaggio dei cartoni animati piuttosto che a mio padre o ai miei due fratelli, per non parlare del fatto che mi piacevano le canzoni di Celentano, Mina e Lucio Battisti. Questo mi rendeva unico ma non più sensibile degli altri. Una cosa che riuscivo a fare fin da bambino era capire gli umori delle persone che mi circondavano. Quando mia mamma era triste lo percepivo subito, se mio padre fosse stato arrabbiato avrei capito che si chiudeva e allontanava da tutti rifugiandosi nel suo lavoro, se mio nonno fosse stato in procinto di litigare con mia nonna avrei sentito che c’era un’aria di tempesta che preannunciava il momento. Vedevo i miei due fratelli più grandi crescere e già sentivo quando si trovavano ad affrontare le sfide dell’adolescenza. Ho imparato a leggere le dinamiche della mia famiglia fin da quando ero in grado di leggere e scrivere. Essendo l’ultimo dei figli ero quello esonerato dalle responsabilità e spesso lasciato solo ad osservare i movimenti degli altri. Questa solitudine l’ho pagata negli anni. Anche se non ero al centro dei conflitti familiari (lascialo stare è un bambino sensibile) mi sentivo comunque al centro di un vuoto affettivo dove tutti avevano uno sguardo altrove, di certo non su di me. La mia “sensibilità” mi rendeva capace di sbrigarmela da solo e capire le difficoltà della famiglia. Forse questa esperienza ha sviluppato una capacità empatica che mi ha permesso nella vita di comprendere come gli esseri umani si sentono. Sono riuscito con gli anni a trasformare la mia esperienza in un mestiere. Come psicoterapeuta incontro molte persone sensibili e molte altre empatiche, senza necessariamente incontrare le due sfumature psicologiche insieme. Siamo abituati a pensare che non si può essere empatici se non si è sensibili e non si può essere sensibili se non si è empatici. La sensibilità e l'empatia sono due qualità umane spesso confuse che in realtà racchiudono sfumature e significati distinti. Comprendere la differenza tra queste due caratteristiche può arricchire le nostre relazioni interpersonali e migliorare la nostra capacità di connessione ed interazione con gli altri. Cosa significa essere sensibili? Le donne sono più sensibili degli uomini, le persone omosessuali sono più sensibili delle persone eterosessuali, gli psicologi sono più sensibili degli ingegneri, le mamme sono più sensibili delle donne in carriera e via discorrendo. Spesso si ha la presunzione di capire subito chi è dotato di sensibilità e chi no. Come se fosse uno stemma in bella vista sul petto che non devi nemmeno indicare con il dito per renderlo visibile agli amici. La sensibilità è la capacità di percepire e reagire alle stimolazioni interne ed esterne in modo intenso e profondo. Implica una forte reazione agli stimoli emozionali. Una persona emotivamente sensibile può sentirsi facilmente commossa da eventi esterni. Questa caratteristica può portare a vivere le emozioni con una profondità e intensità particolari, sia positive che negative. Alcuni individui possono avere una sensibilità, che si traduce in una maggiore percezione e reazione a stimoli come il dolore, il tocco o i cambiamenti di temperatura. Questa sensibilità può talvolta risultare in una maggiore vulnerabilità fisica, ma anche in una capacità unica di apprezzare le sensazioni corporee. Ci sono varie forme di sensibilità da quella estetica a quella sociale. La treccani la definisce “Capacità, attitudine a ricevere impressioni attraverso i sensi…. in psicologia, la facoltà di un essere vivente di conoscere per mezzo dei sensi e di provare il piacere o il dolore accompagnanti le sensazioni: la s. è una prerogativa degli animali”. Cosa accade se la sensibilità viene bloccata nella vita di una persona che ha bisogno di difendersi dalla crudeltà delle relazioni umane? La mia esperienza umana e professionale mi dice qualcosa di diverso. Non trovo che ci siano persone sensibili più di altre. Trovo che ci siano abilità sviluppate o bloccate dall’esperienza.
L'empatia è la capacità di comprendere e condividere i sentimenti e le esperienze degli altri. È un processo attivo che va oltre la semplice percezione delle emozioni altrui. Vi è una Intenzione che porta al desiderio di essere in connessione con l’altro, includendo la capacità di mettersi nei panni degli altri e rispondere in modo appropriato.
Quando una persona è in una connessione empatica, non solo comprende ciò che l'altro sta provando, ma sente il desiderio di “sporcarsi” con il modo dell’altro. Dopo molti anni di empatia e sensibilità mi piace immaginare di poter sviluppare l’empatia e guardare la sensibilità come un tubo ostruito dal calcare che non permette all’acqua di fluire. Quest’ultima spesso mi ha generato un senso di profonda solitudine e colpa. “Solo io posso sentire”, “se mi comporto bene gli altri non soffriranno”, “mi vergogno se non mi sento all'altezza”, “se mi lasci non esisto” e “non posso essere felice se gli altri non lo sono”. Questi sono alcuni dei pensieri delle persone sensibili ma incapaci di guardare il mondo. Per me sciogliere la sensibilità significa riuscire a canalizzare i sensi verso qualcosa di utile a sé stessi e agli altri, per creare qualcosa di nuovo, di unico e che si trasformi in “Sensipatia”. Desiderare di migliorare la mia parte empatica mi permette di creare una connessione emotiva profonda e autentica. Nonostante vi siano sovrapposizioni tra sensibilità ed empatia, le differenze principali risiedono nel modo in cui queste qualità operano e si manifestano. La sensibilità è principalmente una questione di percezione, l'empatia, d'altra parte, è una questione di risposta. Comporta il modo di reagire per l’altro e non per il sé. La sensibilità è spesso centrata sull'individuo, come atto narcisistico ed effimero, l'empatia, invece, è centrata sugli altri, sul comprendere un processo e rispondere ad un bisogno. Entrambe le qualità sono fondamentali per il benessere personale e sociale, e sono aspetti distinti delle nostre capacità emotive e relazionali. Oggi sento di voler sviluppare la connessione più profonda con gli altri e per questo ringrazio la mia sensibilità per fare posto all’empatia e a tutte quelle occasioni che possono far crescere la connessione con il modo fuori, senza perdermi e senza perdere il senso del mondo e dell’altro.
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