Lavorare con i padri, una "specie" in via di evoluzione
- dott_antonio_piccinni
- 1 set 2011
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 1 ott 2024

"Su che cosa stai lavorando in questo periodo?" questa è una di quelle domande che alcune volte mi fanno colleghi o amici. Rimangono stupiti quando scoprono che oramai da anni lavoro con gruppi di uomini-padri all'interno di un percorso educativo e di crescita genitoriale.
"Il mio problema al momento è come spostare la mia attenzione dalla madre al padre" questa risposta mi ha sorpreso ed è rimasta per un po' lì, sospesa, prima di trovare un senso personale e professionale a quanto detto.
"Insieme padri" è un percorso' di counseling pedagogico di gruppo rivolto a uomini che vivono l'esperienza della paternità e nasce su un duplice versante: dalla domanda profonda che nel mio essere figlio mi.sono sempre posto "che ruolo ha avuto dentro di me mio padre?"
"cosa mi porto della sua presenza e cosa soffro della sua assenza?" e dal lavoro di counseling rivolto a genitori e figli (adolescenti) svolto sia come libero professionista che come consulente del Cdp di Casalecchio di Reno.
È nata così l'esigenza di costruire un percorso rivolto ai padri; una categoria, una specie, che da sempre si dibatte all'interno di una pedagogia (e psicologia) che ha dedicato molta attenzione al mondo delle madri e che oggi non vuole più marcare il territorio dell'"estinzione" bensì desidera essere riconosciuto nella sua "evoluzione”. Il "senso" della funzione paterna, nel nostro contesto storico ed educativo, ha bisogno di trovare una nuova direzione. Il padre contemporaneo vive in un mondo dove non vuole solo "prendersi carico" del mantenimento e sopravvivenza della famiglia ma è alla ricerca di nuove risposte ai bisogni affettivi ed educativi dei figli.
Questa riflessione non ha la pretesa di essere uno spaccato scientifico sulla pedagogia della paternità ma desidera raccontare un'esperienza significativa vissuta da più di quaranta padri che hanno scelto di venire il sabato mattina presso il Centro per le Famiglie a parlare di sé, del proprio mondo, delle paure, delle aspettative, delle fantasie e soprattutto del delicato, e fondamentale, rapporto con i propri figli e figlie.
Queste prime riflessioni illustrano un elemento che, anche se con caratteristiche e tempi differenti, accomuna le storie di molti padri e neopadri. La letteratura scientifica ha concentrato molta della propria attenzione sul mondo interiore della futura madre. Ma troppo poco ci chiediamo cosa pensa, cosa sente, cosa prova un uomo che deve vivere ed affrontare l'esperienza della paternità. Decidere di avere un figlio significa andare incontro a una fase del proprio ciclo di vita che ha un enorme potenziale di trastormazione dell'identità: insieme al proprio figlio un padre vede nascere un "nuovo se stesso" ricco di emozioni a volte sconosciute.
Entrare nella dimensione del "per sempre", come si entra quando si ha un figlio, costringe l'uomo a doversi confrontare con la dimensione del "definitivo", varcando così la soglia di un'avventura priva di navigatori automatici o percorsi tracciati ma che si esprime in un viaggio personale, imprevedibile e sconosciuto.
In un contesto storico dove sono mancati i punti di riferimento paterni, e dove l'educazione per cultura veniva affidata totalmente al mondo femminile, diventare un padre "che si prende cura" può stimolare nell'immaginario maschile il timore di perdere un ruolo di stabilità e indipendenza tipici del proprio ciclo di vita (paura di interrompere la carriera, di non avere più tempo per gli amici, ecc.). Le emozioni dei neo-papà il più delle volte sono emozioni che non vengono ascoltate ma risultano essere qualcosa da cui scappare e di cui vergognarsi. La vergogna viene vissuta all'interno di questo ciclo d'incontri e viene condivisa con quella degli altri che si possono sentire giudicati nelle loro difficoltà e diversità. Solo attraverso la "condivisione" di uno spazio di ascolto umano ed educativo questa emozione viene depauperata della sua "enormità" e vissuta come naturale ed esprimibile.
Il percorso, strutturato in vari incontri suddivisi in momenti teorici ed "esperenziali", si è proposto di dare spazio al mondo emotivo dei padri e alle funzioni protettive che essi svolgono sin dai primi momenti di vita del proprio bambino o bambina, di dare uno spazio alla "paternità" per ascoltarne le emozioni, identificarle, esprimerle e avvicinarsi sempre di più al mondo emotivo dei propri figli. Questo attraverso l'uso di una "educazione al linguaggio" come mediatore e creatore di forme espressive nuove o semplicemente diverse da quelle che utilizziamo frequentemente. Ogni apprendimento richiede un'operazione di "cambiamento". L'introduzione di una nuova informazione, all'interno di percorsi come questo, produce una destrutturazione del precedente equilibrio, con uno stato transitorio di confusione, a volte paura e ambivalenza, verso la ricerca di una nuova combinazione di elementi significativi. "Solo i neonati bagnati amano i cambiamenti" (von Oeck, 1987) questo detto ironicamente sottolinea la profonda verità insita nella difficoltà alla trasformazione. Son vari i temi affrontati durante gli incontri come sono vari i vissuti dei padri che, attraverso la costruzione della fiducia, cominciano a raccontare le loro storie e a operare un cambiamento. Per alcuni di questi diventa condividere i propri drammi legati a una cultura dove, in alcuni casi, il padre viene allontanato dai propri figli dopo una separazione e diventa un soggetto di "serie B" rispetto alla madre, pur non essendoci difficoltà di relazione o rischi per la crescita o il benessere dei minori. Il "padre consapevole" oggi vuole fare il padre e desidera avere l'occasione, alla stessa stregua della madre, di poter esercitare i propri diritti (e doveri) genitoriali, sia in una prospettiva psicodinamica per acquisire la consapevolezza del compito psicologico ed educativo e "collocarsi" all'interno della relazione madre-figlio, sia in una prospettiva culturale e legislativa dove ancora oggi il padre è vissuto come colui che "sbaglia" e che non ha gli stessi diritti della madre. Dopo la Convenzione sui Diritti del Bambino di New York, del 20 Novembre 1989, si è diffuso sempre di più il concetto di Bi-genitorialità e dove si afferma la necessità e il diritto per un bambino ad avere un rapporto continuativo con entrambi i genitori, anche se essi si separano. Come è noto, con la Legge 08/02/2006 n. 54, entrata in vigore il 16 marzo 2006, il legislatore ha inteso rimodellare la disciplina dell'affidamento dei figli in materia di separazione ma siamo ancora lontani da un pari riconoscimento di entrambi i ruoli.
Altro tema affrontato durante gli incontri è la relazione tra padri e figlie. Relazione costellata da una serie di difficoltà e pregiudizi che si evidenziano soprattutto nel rapporto che gli uomini vivono con il "femminile". Tramite il linguaggio, la comunicazione e l'ascolto è possibile mettersi in relazione con il mondo emotivo delle figlie. L'incontro ha come obiettivo il far riconoscere il ruolo della figura maschile-paterna nello sviluppo psicologico e sociale delle bambine per costruire una "vicinanza" che per disagio o pudore gli uomini non vivono nei confronti delle donne.
I problemi educativi nei confronti dei figli sono legati a una fusione tra la "coppia coniugale" e la "coppia genitoriale" due dimensioni che spesso si sovrappongono.
Se la coppia coniugale vive dei problemi allora anche l'altra coppia subirà delle conseguenze. Per questo il percorso mira a "costringere" gli uomini a doversi confrontare con aspetti del mondo delle madri (e delle donne) per sviluppare una capacità empatica maggiore. Questo per migliorare il clima comunicativo della coppia e riuscire a condividere i bisogni educativi, affettivi e relazionali dei propri figli, cominciando a considerare la "paternità" come capitale sociale e affettivo.
Il percorso termina con un lavoro sui"pregiudizi" e stereotipi di genere, tanto diffusi nella nostra società. Spesso i padri sono a loro volta disintormati e impreparati ad affrontare temi che riguardano la "diversità" come ad esempio l'omosessualità e l'omogenitorialità. "Sono un essere umano, e nulla di ciò che è umano può apparirmi estraneo", disse Terenzio, un poeta latino. Vale a dire che essere consapevole della mia umanità significa rendermi conto che, con tutte le differenze che ci sono effettivamente tra gli individui, io sono pure, in qualche modo, dentro ciascuno dei miei simili. Questa vuole essere un'occasione di riflessione teorica e pratica su come poter affrontare la "diversità" dei propri figli ed educarsi/educarli al confronto e all'accettazione.
Se è vero che tanto più si parla di una cosa quanto meno se ne ha, la ripresa attuale del tema della paternità non può non essere sospetta. Ma se è vero che il tema viene ripreso in alcuni contesti, particolarmente in quelli psicologici e legislativi, continua a rimanere fortemente marginale in pedagogia dove si tratta diffusamente di educazione, di genitorialità (spesso materna), di sviluppo e di valori ma poco di paternità. L'interesse del counseling pedagogico è nella comprensione del senso della vita umana e delle possibili modalità di aiuto per viverla al meglio. In quest'accezione non può essere estranea l'attenzione alla paternità, con il suo "senso" nello sviluppo della vita psicologica ed educativa di un figlio e di una figlia, con la necessità di svilupparne il talento educativo e ai rischi della sua "assenza" che ancora oggi, per motivi probabilmente diversi da quelli di ieri, continua ad essere sentita.
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